Fate presto. Iniziate subito. Siate gentili

Ho letto il discorso che George Saunders ha tenuto ai laureandi della Syracuse University del 2013 e credo che dovremmo leggerlo prima noi, poi farlo leggere a tutti i nostri allievi trasformandolo per ogni età, anche per quelli della scuola materna. Sono queste le pagine di letteratura che aiutano i ragazzi, che fanno sì che la letteratura si avvicini ai problemi che loro vivono. Questo vale soprattutto se glieli porgiamo coinvolgendo nel discorso anche noi stessi e se discutiamo, ragioniamo, riflettiamo noi e troviamo finalmente il tempo di farlo.
Saunders ripensando alla sua vita passata ha un rammarico in particolare:
in seconda media nella nostra classe arrivò una ragazzina nuova. Nel rispetto della privacy, diciamo che il nome col quale ci fu presentata fu “Ellen”. Ellen era piccola, timida. Indossava occhiali blu dalla montatura a occhi di gatto, del tipo che all’epoca portavano soltanto le signore anziane. Quando era nervosa, in pratica quasi sempre, aveva l’abitudine di mettersi una ciocca di capelli in bocca e di masticarla.

Insomma, arrivò nella nostra scuola e nel nostro quartiere, e per lo più fu del tutto ignorata, in qualche caso presa in giro (“Sono saporiti i tuoi capelli?” e altre battute del genere). Mi rendevo conto che questo la feriva. Ricordo ancora come appariva dopo una villania di questo tipo: teneva gli occhi bassi, se ne stava un po’ ripiegata, come se avesse ricevuto un calcio nello stomaco, come se essendole appena stato ricordato il posto che occupava cercasse, per quanto possibile, di scomparire. Dopo un po’ scivolava via, con la ciocca di capelli ancora in bocca. A casa, dopo la scuola, immaginavo che sua mamma le chiedesse cose del tipo: “Come è andata oggi, tesoro?”. E lei rispondesse: “Oh, bene”. E sua madre forse le chiedeva anche: “Hai stretto amicizie?”, e lei rispondesse: “Sicuro, molte”.
Talvolta la vedevo bighellonare tutta sola nel giardino anteriore di casa sua, come se fosse timorosa di uscirne. E poi… Poi traslocarono. Ecco tutto. Nessuna tragedia. Nessuna grande presa in giro finale. Un giorno era lì, il giorno dopo era sparita. Fine della storia.
Sono davvero inutili tutti i convegni sul bullismo se non partiamo da una piccola cosa da radicare nel nostro cuore e seminare nel cuore dei nostri allievi: aiutarli a diventare gentili. 
Dice Saunders:
Ed eccovi dunque un consiglio veloce, per congedarmi al termine di questo discorso: dato che secondo la mia opinione la vostra vita sarà un viaggio che vi porterà ad essere più gentili e più amorevoli, sbrigatevi. Fate presto. Iniziate subito. In ciascuno di noi c’è un equivoco di fondo, un vero malessere in verità. Si tratta dell’egoismo. Ma la cura esiste. Siate quindi gentili e proattivi e addirittura in un certo senso i pazienti di voi stessi – cercate le medicine più efficaci contro l’egoismo, cercatele con tutte le vostre energie, per tutto il resto della vostra vita.

Fate tutte le altre cose, quelle ambiziose – viaggiare, diventare ricchi, acquistare fama, essere innovativi, essere leader, innamorarsi, fare fortuna e perderla, nuotare nudi nei fiumi in mezzo alla giungla (dopo aver controllato che non ci siano in giro scimmie che cagano) – ma qualsiasi cosa farete, nella misura del possibile eccedete in gentilezza. Fate ciò che vi può indirizzare verso le risposte a quelle grandi domande, cercando di tenervi alla larga dalle cose che possono sminuirvi e rendervi banali. Quella luminosa parte di voi che esiste al di là della vostra personalità – la vostra anima, se credete – è tanto luminosa e brillante quanto nessun’altra. Luminosa come quella di Shakespeare, luminosa come quella di Gandhi, luminosa come quella di Madre Teresa. Sbarazzatevi di tutto ciò che vi può tenere lontani da quella luminosità nascosta. Credete nella sua esistenza, cercate di conoscerla meglio, coltivatela, condividetene incessantemente i frutti.
E un giorno, tra 80 anni, quando voi ne avrete 100 e io 134, quando saremo tutti così gentili e premurosi da risultare quasi insopportabili, scrivetemi due righe. Fatemi sapere come è stata la vostra vita. Spero tanto che mi scriviate: è stata meravigliosa.
Se riflettiamo sulle parole di questo scrittore, ci renderemo conto di come nella scuola si corra dietro ad un sapere per "accumulazione" (un programma ricchissimo di nozioni), discutiamo fino allo sfinimento sui criteri di valutazione dell'apprendimento, ci occupiamo di come inquadrare (per non dire etichettare) ogni nostro allievo, di come individuare ogni difetto intellettivo o correggere ogni comportamento "deviante", ma poco ci occupiamo di parlare con loro su quale persona vogliono diventare, su come vogliono rapportarsi con gli altri, su ciò che fa bene o fa male dei nostri comportamenti. 
Sono d'accordo con Saunders: imparare ad essere gentili può cambiare in meglio la nostra vita e può fare la differenza per chi vive a contato con noi. E attenzione, non pensate che per essere gentili voi, lo devono essere anche gli altri. Essere gentili non è un dono da fare agli altri, ma è un dono da fare a se stessi.