Noi cittadini dobbiamo essere protagonisti della politica

Oggi è chiaro che la democrazia è in crisi e soprattutto la democrazia rappresentativa ha svelato i suoi limiti e i suoi inganni, trasformandosi in un potere oligarchico: pochi decidono per il "bene" dei tanti all’insegna dell’urgenza e della necessità.
Ci sembra che urgenza e necessità siano vere e proprie parole d’ordine per nascondere il desiderio di detenere il controllo sul potere, chiudendo ad ogni dibattito e confronto esterno. Cosa altro può significare l’unione al governo di due partiti sempre stati in opposizione anche dura e intransigente?
Non possiamo sentirci rappresentati da questi politici, abbiamo l’impressione che stiano facendo un lavoro finalizzato ai loro interessi, a quelli dei mercati, ad un capitalismo che dell’uomo non ne vuole sapere nulla se non per usarlo come strumento.
In questo clima politico che interventi possiamo aspettarci sulla scuola? In quale direzione andranno? Chi se ne avvantaggerà?
 E' certo che un dibattito serio, articolato, che faccia riferimento ad una scuola per tutti, veramente democratica è morto da tempo. Ci si confronta a volte sulle urgenze, sulle contingenze, ma mai su un discorso di ampio respiro che veda al centro ogni bambino o ragazzo nella sua unicità e particolarità.
Ribadiamo che per questo abbiamo lavorato e lavoreremo sulle interviste di chi vive nella scuola e la subisce e che ha molto da dirci se solo vogliamo interrogarci.
E’ molto riduttivo credere che della scuola possano parlare solo i teorici senza nessun collegamento e verifica con la pratica e soprattutto senza esplicitare la direzione verso cui si sta andando.
Una scuola per tutti o solo meritocratica? Una scuola delle "eccellenze" o una scuola dove ognuno possa ritrovare la possibilità di un riscatto? Una scuola in cui ognuno conti per quello che è o una scuola fatta solo per chi è "adatto"…?
E noi come ci poniamo? Che cosa ci mette in movimento?
Lo fa giustamente la difesa del proprio lavoro. Molto l’aumento del carico di mansioni o di prestazioni che vengono richieste. Il taglio dei finanziamenti e la difesa di una scuola pubblica che spesso viene messa in discussione a vantaggio di quella privata.
Tutte cose condivisibili. Ma c’è davvero una mobilitazione perché la scuola sia anche per tutti quei ragazzi che non ci trovano posto né cittadinanza, che magari disturbano, sono lenti, demotivati, per cui spesso non sappiamo cosa fare? Noi pensiamo con forza che anche per loro la scuola è un diritto da esigere e che dobbiamo ripensarla anche in loro funzione: è profondamente ingiusto volerli lasciare fuori dalla porta come tanti auspicano.
Troppo spesso sentiamo "lontani" da noi chi ci "è vicino nel tempo e nello spazio", ma "da noi lontano per condizione di vita, di salute, di diritti e di lavoro". Se non teniamo conto di questo rischiamo di farne degli "esiliati" nella propria patria.
Vorremmo tanto che chi ha i mezzi per farlo, che le grandi personalità che oggi parlano di democrazia con grande competenza ci aiutassero a creare una mobilitazione continua, seria, non solo di movimento, ma anche di pensiero su questo tema: una vera democrazia deve partire dalla scuola.
Un anno fa avevamo invitato al convegno di Reggio Emilia molte personalità nella speranza di creare un fronte comune su queste tematiche: nessuno ha accettato, né ci ha degnato di una risposta.
Pazienza, ma cosa altro ci propongono? Sentiamo la mancanza di uno spazio dove dare voce non solo alla nostra indignazione, ma anche ad un pensiero che si faccia "ricerca", perché senza ricerca e pensiero non può esserci vero cambiamento.
"E’ tempo di ricordarsi che non i partiti, ma i cittadini sono i protagonisti della politica, in quanto titolari della sovranità (art.1 della Costituzione). Noi, i cittadini, dobbiamo rivendicare il diritto di parola, dobbiamo essere l’anima pensante della polis, di cui i partiti dovrebbero essere espressione secondo il progetto della nostra Costituzione, "la grande incompiuta" (Calamandrei). (…) A noi tocca, nel degrado dei valori e dei comportamenti che appesta il tempo presente, impegnarci in una riflessione alta e meditata, non macchiata da personali interessi, sul grande tema del bene comune…"


Salvatore Settis - Azione popolare