Ma una cosa l’ho capita. Anche a scuola ti possono dare una mano


Ci sono ragazzi che apparentemente non hanno problemi, ma capita che attraversino un periodo difficile che, se non compreso, può compromettere seriamente il futuro.
Uno di questi è Luigi che ha ora 20 anni. “I miei genitori - ci racconta lui stesso - quando frequentavo ancora le medie, si stavano separando. Io e mia sorella assistevamo a litigi terribili. Mio padre non voleva divorziare, e mia mamma, anche se aveva un altro uomo, non voleva rinunciare né a noi né alla casa. Mio padre non cedeva. Erano scontri e discussioni violente e interminabili. Era davvero un inferno.
Il primo dolore l’ho sentito quando ho capito cosa stava succedendo tra loro; stavano parlando di divorzio. Un ragazzino non concepisce che i propri genitori si separino, che la famiglia si possa dividere. Ha paura, teme per se stesso e per chi ama. Non sa cosa possa succedere e questa incertezza lo fa precipitare in un baratro. Io poi mi sentivo sempre chiamato in causa per prendere le parti ora dell’uno ora dell’altro e per me era una situazione insostenibile. Come potevo schierarmi? Per un certo periodo ho sperato che tutto fosse solo un incubo, da cui prima o dopo mi sarei risvegliato. Speravo che tutto ritornasse a posto. Ma poi ho capito che non era così ed ho sperato, al contrario, che si separassero in fretta perché l’aria in casa era irrespirabile.
Poi c’era la scuola scandita da tempi e ritmi inderogabili. Dovevi consegnare compiti, affrontare verifiche, interrogazioni e poi dovevi rimediare ai voti negativi e studiare. Ma come trovare uno spazio nella mente per pensare, concentrarsi, dimenticare cosa intanto ti succedeva intorno, diventare sordo alle liti, al pianto di tua madre, ai silenzi!?  Mi lasciavo andare e i brutti voti fioccavano come la neve. Io ero sempre stato bravo, invece ero diventato uno di quelli che andava peggio. A quel punto la scuola non mi interessava più: andassero tutti al diavolo!
Un giorno, però, la mia insegnante di lettere mi ha chiamato. Mi ha solo chiesto cosa mi stava passando per la testa. Io le ho raccontato la verità. Non è stato facile, perché è brutto parlare male della tua famiglia, raccontare i fatti tuoi. Hai paura di farlo, hai paura che ti giudichino e, anche se in quel momento senti rabbia, non vuoi che parlino male dei tuoi genitori. Ma ho capito che lei non mi avrebbe giudicato, che forse mi voleva davvero aiutare ed io avevo bisogno di qualcuno su cui scaricare le mie angosce. Quando ho parlato piangendo, lei mi ha preso la mano e mi ha detto: “Hai ragione a soffrire, ma ricordati che tu devi pensare a te, alla tua vita. Io sono qui e ti aiuto, ma tu sei un ragazzo buono e capace. Proviamo insieme a trovare una strada, un giorno per volta, vedrai, ce la puoi fare.”
A volte ti basta poco per ricominciare. Non mi sentivo più solo. Non era passato tutto, dentro di me c’era ancora la tempesta. Ma qualcuno c’era ed io mi sono aggrappato a quelle parole. Ho ricominciato a lavorare anche se non sempre tutto andava bene. La mia insegnante, quando vedeva che mi stavo di nuovo perdendo, si fermava a parlare con me. Ogni tanto semplicemente mi chiedeva: come va? e mi metteva una mano sulla spalla. Pur facendo fatica, sono riuscito a finire abbastanza bene le medie.
Il problema è ritornato fuori quando sono andato alle superiori. Mi sono di nuovo sentito perso. I miei genitori non si accorgevano di quanto io soffrissi. Con mia madre eravamo andati a vivere in una casa molto più piccola, io non avevo più uno spazio mio. Mia madre usciva, mia sorella invitava le sue amiche e facevano casino. Ed ho di nuovo cominciato ad andare male a scuola: di nuovo voti brutti e mi sembrava che questa volta non mi sarei più rialzato. Non c’era più nessuno che parlasse con me, anzi per i nuovi insegnanti ero solo uno che non aveva voglia, un fannullone. Ho perso un anno ed ho rischiato di perderne un altro.
Finalmente mia mamma si è resa conto che avevo bisogno di aiuto. Si è fermata e mi ha parlato. Quella sera abbiamo chiacchierato a lungo e lei è riuscita ad ascoltarmi.  Lei è un’insegnante, mi ha seguito per un po’, ha parlato a mio padre ed anche lui ha cominciato a starmi dietro. Ho ricominciato. Forse non aspettavo altro: che si accorgessero di me. Ma una cosa l’ho capita. Anche a scuola ti possono dare una mano. Tanti miei compagni si sono persi per motivi simili ai miei e non è giusto.