Attivare una ricerca che non ha mai fine

Ho visto e conosciuto ragazzi troppo seguiti, ho visto e conosciuto ragazzi dimenticati, lasciati a se stessi. Ho incontrato insegnanti attenti, sensibili, ma ne ho incontrati tanti, troppi, che non si lasciano “com-muovere” nel senso etimologico della parola; che rimangono fermi nelle loro posizioni, nei loro giudizi: non sa la grammatica, non sa la matematica, non sa… non ha buona volontà… è indisponente… potrebbe fare di più. Insegnanti che non si accorgono che ogni bambino è una storia, che in questa storia bisogna trovare i motivi della sua apatia, dei suoi blocchi intellettivi, delle sue paure e delle sue angosce, della sua svogliatezza; insegnanti che sono pienamente consapevoli che nessun bambino è uguale ad un altro e che per crescere serenamente egli ha bisogno di intrecciare nella sua vita relazioni significative per avere la forza di avviare dentro di sé il cambiamento, ma che non vogliono sentirsi coinvolti più di tanto. Insegnanti che pensano che a scuola si viene per usare la propria intelligenza, che nel processo di apprendimento non devono entrarci nè emozioni, nè i sentimenti.
Al contrario Bowbly ci avverte che non si possono considerare le emozioni soltanto come «ombre che non svolgono una parte reale nel dramma della vita». La scuola è il luogo dove avvengono gli incontri più significativi con i propri coetanei, dove si costruisce il proprio futuro, dove ci si cimenta e si viene confermati o no nelle nostre possibilità, dove le nostre potenzialità possono essere riconosciute o non considerate, dove ci si può sentire aiutati o giudicati senza appello.
Tutti i ragazzi che entrano nella scuola si aspettano qualcosa, si aspettano di essere riconosciuti per quello che sono, che li si aiuti a scoprire e valorizzare le loro potenzialità, si aspettano di imparare, di faticare, ma di essere aiutati e guidati nel loro cammino, così come un figlio si aspetta di essere amato dai suoi genitori. Tutti, proprio tutti hanno bisogno della scuola anche quando sembrano rifiutarla. Ragazzi soli, che hanno ricevuto poco affetto, poche cure. Ragazzi che nella loro infanzia non hanno sentito il calore di un abbraccio, non hanno percepito la dolcezza di una carezza, non hanno sentito la gioia della voce di una mamma che si rivolgesse a loro con tenerezza. Ragazzi a cui nessuno ha risposto quando hanno pianto, che non si sono sentiti curati e accuditi quando stavano male; ragazzi i cui sguardi non hanno mai incontrato gli occhi di nessuno, che non hanno mai avuto chi li vegliasse quando il buio scendeva nella loro camera e dovevano affrontare la notte e i suoi fantasmi. Ragazzi che sono vissuti in case dove l’urlo sostituisce la parola, il litigio il dialogo. Ragazzi che hanno avuto troppo presto le chiavi in tasca, che hanno imparato troppo presto a mangiare da soli. Ragazzi che accendono la televisione per supplire alla mancanza di una voce amica. Ragazzi che indossano una maschera quando sono con gli altri perché nessuno ha mai consolato il loro pianto né compreso la loro sofferenza. Ragazzi che piangono, ma solo quando sono nel buio e nessuno li vede. Ragazzi, ragazzi che subiscono violenza e si chiudono al mondo esterno. Custodiscono il loro dolore nel silenzio. Il mondo intorno a loro si fa deserto. Vivono tra gli altri mimetizzati. Poi una frase, una parola, a volte, rivela che dentro di loro qualcosa si è rotto. A volte sono piccoli segnali che richiedono attenzione. La massima attenzione.
Ma anche ragazzi apparentemente coccolati e vezzeggiati, che devono nascondere le loro fragilità per essere all'altezza di quello che gli adulti vogliono per lui...
Pensare la scuola, pensare a come porsi in essa, vuol dire iniziare un’ attività che, mentre la facciamo, ci trasforma, vuol dire attivare una ricerca che non ha mai fine. Il libro ha necessariamente una fine, ma la ricerca avviata non si conclude, lascia la porta aperta. Sarebbe bello che nessuno di noi pretendesse di dire cose definitive, ma che si desiderasse aprire un dialogo, un confronto che abbia però il rigore di un punto di partenza fondamentale: garantire a tutti il diritto allo studio.