Parlare insieme di scuola tra genitori si può: incontri a Trieste

In questi ultimi giorni ho parlato con un gruppo di genitori adottivi a Trieste in un incontro  molto stimolante promosso dall'ANFAA locale (Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie).
Da tempo questi genitori si ritrovano per condividere le loro difficoltà, i loro problemi, per confrontarsi e, quando possibile, aiutarsi. 
Uno dei problemi più grossi che hanno tutti rilevato nel loro percorso è proprio l'inserimento scolastico del figlio e hanno enucleato una serie di problematiche. 

Un bambino adottivo entra a scuola con la sua storia individuale e con una peculiarità: quella di appartenere ad una famiglia che trova la sua legittimazione nella sua funzione affettiva, non nel legame di sangue e  per questo può scontarsi con pregiudizi e ignoranza. 

Se ha un passato difficile, un bambino può incontrare difficoltà di apprendimento, che molto spesso hanno la loro origine in quella che Bowlby definisce la "fatica di pensare", cioè la fatica di vivere il presente e di tenere a bada il passato. L'inserirsi in un contesto completamente nuovo, il desiderio e il timore di allacciare legami, la paura di non essere accettato e amato, l’elaborare l’appartenenza a quella che diventerà la sua famiglia costituiscono effettivamente per lui una grossa fatica. 

Quando, poi, il bambino a scuola si trova a dover affrontare le domande, le curiosità o le richieste degli insegnanti e dei compagni, può trovarsi in difficoltà nel rispondere, nel dare una spiegazione della sua situazione: il genitore non è presente ed è lui che deve trovare le parole per dire, per raccontarsi. 
Nella scuola sono frequenti le occasioni in cui il bambino debba raccontare la sua origine, la sua storia. A volte gli viene domandato dalla scuola stessa, a volte dai compagni: qual è la tua mamma vera?  Per ricostruire la storia della famiglia, poi, spesso gli viene chiesto di portare fotografie della sua infanzia che non ha, perché non adottato subito dopo la nascita.  Ciò che gli era stato raccontato sarà messo in discussione dai pregiudizi e dagli stereotipi di cui il mondo in cui viviamo è ancora intriso.
Non è sempre facile prevedere i suoi comportamenti reattivi, a volte aggressivi, a volte di chiusura, comportamenti che, prima di giudicare, dovremmo imparare a capire e comprendere per poi correggere.
E’ molto probabile che i figli adottivi, soprattutto se adottati già grandicelli, siano bambini che arrivino provati, con una storia alle spalle che in qualche modo li ha segnati. Non sappiamo però come reagiranno, come si presenteranno a noi, quali problemi manifesteranno. Certamente l’inserimento nella famiglia e poi nella scuola va seguito con attenzione, ma non con apprensione. I bambini hanno prima di tutto bisogno della nostra serenità, del nostro ottimismo, devono sentirci vicini, attenti, ma fiduciosi. 

Ma la famiglia non basta: anche la scuola deve fare la sua parte. La scuola deve essere una comunità che accetti il bambino con tutta la sua storia perché possa accettarla anche lui, che accetti la sua diversità e ne faccia tesoro. 
Può capitare che la mente, in chi ha avuto un passato difficile, non riesca a trovare spazio per le richieste che le verranno dall'insegnante, se queste non verranno dosate, se anche nella scuola non ci sarà una figura che sia un riferimento. 
Non per questo, però, bisogna pensare che non ce la può fare, che sia un bambino segnato per sempre. L’esperienza ci ha invece insegnato che i bambini hanno grandi risorse, risorse insperate che aspettano solo di essere attivate. Hanno però bisogno di tempo e di qualcuno che sappia attendere. 
Più si offriranno loro occasioni e segnali che si comprende la loro fatica, che si è lì per cercare insieme a loro una strada, che si è disposti ad accompagnarli passo per passo, più vedremo ogni bambino nascere un’altra volta senza che debba cancellare il proprio passato.
Bisogna aiutarli a capire che apprendere è un'esperienza positiva, e per questo è importante accompagnarli nei loro momenti di scoraggiamento con la comprensione,  stimolarli a superare le difficoltà passo per passo, prenderli per mano. Non devono, invece, sentire l'adulto impaurito o arrabbiato di fronte ai loro insuccessi, ma devono, invece, percepire la fiducia in loro per quello che sono in grado di dare in quel momento. 
Un insegnante attento ai modi e ai ritmi di apprendimento, al processo e non solo al prodotto, fa sentire agli allievi che la sua stima per loro non dipende esclusivamente dai risultati scolastici. Frasi come «Vedrai che pian piano insieme ce la facciamo» o «Dimmi qual è, secondo te, il problema per cui non riesci...» possono più di tanti strumenti didattici… A volte nel colloquio con loro, sono essi stessi che, anche inconsapevolmente, possono darci delle indicazioni utili per affrontare le loro difficoltà.

E' per noi molto bello che dei genitori abbiamo sentito l'esigenza di unirsi, di stare insieme, di uscire dalla solitudine che a volte fa ingigantire i problemi. Quello che loro auspicano è di poter condividere questo percorso anche con gli insegnanti che credono che il processo di apprendimento, infatti, è un processo circolare: se si tiene conto della sfera affettiva migliorerà l'apprendimento, se il bambino sarà in grado di apprendere potrà sciogliere dei nodi che bloccano la propria sfera emotiva.
Sarebbe bello costruire un atteggiamento di corresponsabilità tra insegnanti e genitori e quando il caso con gli operatori sociali. Sarebbe bello portare insieme avanti, anche con le forze politiche, l'idea di una scuola che sia adatta a tutti i bambini con un occhio particolare a tutti quelli che hanno difficoltà di vario genere. E per questo, sarebbe bello che questo gruppo, così vivo e attivo, di famiglie adottive si aprisse a tutte quelle famiglie che hanno difficoltà nell'inserimento dei loro bambini, perchè solo una scuola accogliente per tutti può fare la differenza nel percorso di ogni alunno. Ogni insegnante dovrebbe sentirsi impegnato a costruire come dice la Zambrano: "Un'aula come luogo di speranza aperto a tutti". Dobbiamo lavorare tutti insieme perchè la scuola per tutti non diventi come dice Bobbio "Una promessa mancata" della nostra Costituzione.
Un grazie sincero a tutte le persone che ho incontrato e incontrerò ancora a Trieste.