Rimuovere volontariamente ciò che ci difende dall’altro
In un post precedente abbiamo parlato di quanto oggi sia difficile il dialogo e numerosi commenti hanno confermato questo problema. Quello
che oggi sembra dominare è un gioco di reciproche diffidenze e paure.
Il dialogo non si costruisce dal nulla. E' necessario creare luoghi e tempi che lo favoriscano e che lo rendano possibile. Bisogna far nascere occasioni di incontro in cui ci si possa conoscere ed accettare per quello che si è, sgombrando il campo da ogni pregiudizio. Solo favorendo relazioni in cui ci si mette in ascolto, impareremo tutti qualcosa di importante sull'altro diverso da noi, scopriremo
nuovi significati, altre verità, modi di vivere che non assomigliano ai nostri soprattutto nell'ambiente scolastico che è sempre di più multiculturale.
Favorire momenti di incontro aprirebbe spazi a nuove esperienze. L’essere insieme diventerebbe così un "incrociarsi di mondi
privati", ma "partendo da questi occorre istituire sempre di nuovo il senso
dell’essere-in-comune", secondo il significato più profondo dell’idea di
politica di Hanna Arendt. Si lavora insieme per creare un luogo dove ogni
diversità ha diritto di esistere e ha diritto di parola, si lavora perché la scuola diventi appunto “spazio
aperto per tutti”, in cui ognuno trovi nell’altro il riconoscimento per
quello che è qualunque sia la sua storia e la sua condizione di vita.
Se si favorisce questa apertura si scopre di avere
la capacità di accogliere l’altro, di ospitarlo dentro di sè, di “fare entrare l’altro nel
proprio paesaggio interiore”.(L. Boella)
David Grossman nel suo libro "Con gli occhi del nemico" ci racconta: che :
“la mia aspirazione è rimuovere volontariamente ciò che mi difende dall’altro. ... abbattere quella parete divisoria, per lo più invincibile, che separa me dal prossimo (chiunque egli sia, verso il quale provo un interesse profondo.
Ho l’impressione che sotto molti aspetti, però, noi esseri umani – creature sociali per eccellenza, che tanto investiamo nel rapporto affettivo ed empatico con la nostra famiglia, i nostri amici, il nostro pubblico – siamo in realtà sulle difensive – cioè difendiamo noi stessi dal prossimo, chiunque esso sia, dalla radiazione della sua interiorità dentro di noi, da ciò che la sua interiorità esige da noi e che si riversa incessantemente su di noi. Da quella cosa che chiamerò il caos che risiede dentro l’altro”.
Illustrazione di Mirò
Maria ed Emilia