Quando Pinocchio governò la Scuola pubblica

C'era una volta Pinocchio. Attirato dal Paese dei Balocchi, decise di mettersi in politica e, visto che aveva sempre detestato la scuola, specie quella pubblica, iniziò a emanare leggi e decreti per demolirla. Il gatto e la volpe gli dissero di stare attento, che ne sarebbe uscito uno scandalo e una protesta esagerata. Allora Pinocchio, forte della sua più grande capacità, quella di raccontare enormi bugie, comprò tutte o quasi le tv e raccontò in lungo e in largo il suo impegno per far risorgere la scuola  assumendo 40mila insegnanti e altrettanti dipendenti e collaboratori. I grilli parlanti si dibattevano in tutti i modi per smentire tante fesserie, ma divennero rauchi inutilmente; infatti la gente, che stava col naso incollato alla tv, credeva a Pinocchio e viveva felice, sulle giostre del Paese dei Balocchi, senza pensarci.
A metà settembre riaprirono le scuole e i Geppetti, accompagnando i figli a scuola, si accorsero che le cose stavano ben diversamente: non c'erano più insegnanti di sostegno né carta su cui scrivere; i ragazzi venivano ammassati nelle aule come polli d'allevamento, senza ordine né organizzazione, e mancavano i docenti a far lezione. Così tutti si misero le mani nei capelli. "Al ladro, al ladro" qualcuno gridò.
Ma tanti se n'erano già andati a cercare scuole migliori... a costo di pagarle. E fu così che la scuola pubblica in poco tempo si scrostò, crollò il tetto, caddero i muri e venne abbandonata da tutti.
E Pinocchio... visse felice e contento? No! perchè iniziò la Resistenza!
 
La  Scuola Pubblica è strumento di uguaglianza e giustizia. Proprio perché crede che non ci debbano essere "persone elette" ad avere il predominio sulla cultura, ma la conoscenza sia diritto di ognuno, essa ha l'obiettivo di condividere saperi e fare in modo che tutti possano avervi accesso. Non c'è nulla da aggiungere. E non c'è neppure altro da dire sulla situazione odierna che tutti i mass media stanno commentando. È necessario soltanto aprire gli occhi, aumentare la consapevolezza e decidere quale strategia adottare. Ogni taglio alla Scuola Pubblica é un danno voluto, un colpo di ruspa, uno scossone che vuole minare l'istituzione dell'uguaglianza dalle fondamenta.
Molto è già stato distrutto: qualche esempio? Sono morti i progetti per recuperare gli "ultimi" della classe, fra gli altri il progetto Chance di Napoli contro la dispersione scolastica, e quello per l'inserimento scolastico dei bimbi rom di Lamezia Terme. Stanno agonizzando molte altre forme di aiuto rivolte a chi, in situazioni di ingiustizia, non ce la fa a "stare al passo", e ogni anno viene data una bella potatura al sostegno all'handicap, fino a quando si ritornerà alle "classi differenziali", meno costose e meno "disturbanti" per chi deve eccellere. Ci sarebbero altri mille esempi e sembra che tutto ciò che riguarda l'eguaglianza sociale sia destinato, piano piano, a sparire...
Fino ad ora la rabbia dei professionisti dell'Istituzione Pubblica non é stata sufficiente a riorganizzare le poche risorse, e convincere la politica a cambiare rotta. Eppure qua e là piccole cellule di resistenza proseguono nel loro lavoro faticoso, puntuale, costante, testardo, credibile fino in fondo. La resistenza, ve la ricordate? Resistenza è riorganizzazione di poche e fondamentali forze; è autonomia, collaborazione, decisione, coordinamento, azione, lotta...
Nella Scuola Pubblica, resistere significa radunare tutti i pochi insegnanti rimasti, i genitori, gli allievi e parlare chiaro di come stanno le cose, condividendo dubbi e paure: "Che idee avete? Cosa possiamo fare insieme?". Da quel confronto schietto e operativo nascono capolavori: scuole aperte, dall'alba al tramonto, sostegni volontari ai minori in difficoltà, mamme sociali che accolgono, aiutano, preparano merende e mense, papà che imbiancano, aggiustano, sistemano. La scuola diventa  comunità vera che studia strategie, collabora, impiega tempo e risorse per un unico obiettivo condiviso: apprendere insieme. Non ci sono più esclusi o sospesi tra i ragazzi, né polemiche e denunce tra gli adulti: le differenze di ciascuno sono arricchenti.
Questa non è una favola, è la realtà che incontriamo qua e là, nascosta in qualche angolo d'Italia. Una resistenza vera e nobilissima. Ce ne fossero a migliaia! Si potrebbe anche organizzare un fronte che ha voce in Parlamento.
I Dirigenti possono fare moltissimo, molto più degli insegnanti che ancora non sanno utilizzare la forza del Collegio Docenti.
In questa lotta di resistenza non servono armi, ma intelligenze, capacità critiche e tanto senso di responsabilità.

Grazia Liprandi e Angelo Elia del Gruppo Abele di Torino dalla rubrica "Gli Analfabeti"