Formiche


A te bambino
Al tuo urlo “animale”
Al tuo cuoricino che batte forte
Mentre tra le braccia serro la tua rabbia
Fino a vedere sparire le pieghe dal tuo viso
Fino a che ricominciano a splendere
I tuoi spauriti occhi a mandorla
Questa storia comincia dalla fine. Comincia da un caldo pomeriggio di metà giugno, ultimo giorno di scuola. Stanchi ed eccitati, bambini ed insegnanti si accalcano al portone per uscire e festeggiare l’atteso arrivo dell’estate. Noi siamo in cortile, raccogliamo la bottiglia di coca-cola e le patatine che F. ha lanciato dalla finestra del secondo piano per sfamare le formiche a cui aveva dato la libertà. Raccogliamo le patatine una ad una come se potessimo così allungare il tempo che ci resta,fermarlo un po’, il tempo di una patatina,ancora una briciola, che non resti traccia dell’ingenua follia di un bambino, dell’amore gettato dalla finestra. Per mesi, ogni giorno lui ha riempito di cura ed attenzioni ognuna delle sue formiche, nutrendole, osservandole, parlando loro, dissetandole con un contagocce. Quei piccoli esserini non avrebbero mai potuto tradire la sua fiducia, deluderlo, ingannarlo e quello che non aveva ricevuto, F. dava. Formiche. Come tutti gli insetti le formiche hanno sei zampe e il loro corpo è diviso in tre parti: capo, torace e addome; sul capo è presente un paio di antenne piegate a gomito che sono il principale organo di senso per le formiche. Hanno delle mandibole molto resistenti e robuste che servono come difesa e per trasportare gli oggetti.
Le formiche mi hanno confermato un giorno ciò che già da tempo sospettavo: F. sapeva leggere. Leggeva ma pensava che l’autonomia nella letto scrittura gli avrebbe portato via anche quel poco di affetto che mai si nega a chi manca appunto di indipendenza, a chi appare incapace di fare da solo. E F. faceva, ogni secondo ogni singola cellula del suo cervello e del suo corpo era presa da un’incessante attività, ma era quel “da solo” che gli faceva male. Perché da solo F. lo era da sempre e ora che l’estate stava cominciando timidamente a farsi sentire e nell’aria satura della classe volavano parole di mare, discorsi di vacanze, lui la sentiva tutta quella solitudine, quel vuoto dentro, quella voglia di posarsi, quella voglia che un bambino non dovrebbe mai avere. E a volte mi viene da chiedermi se, anche solo per una frazione di secondo, quel giorno ha pensato di accompagnare le sue formiche in quell’ultimo folle volo. “Le ho dato la libertà, maestra!” mi ha detto euforico mentre tutti pensavamo a chi affidare durante l’estate quegli insettini che avevano cambiato l’umore e la motivazione del nostro F. negli ultimi mesi. Nessuno le avrebbe più sfamate e osservate giorno dopo giorno, nessuno le avrebbe più investite di cure ed affetto. Ma lui aveva pensato anche a questo e con loro erano volate anche una bottiglia di coca e un sacchetto di patatine. Qualcuno avrebbe fatto lo stesso con lui? Gli avevo lasciato coca cola e patatine per affrontare da solo la lunga estate che lo aspettava o avevo ingenuamente sperato che l’impegno messoci durante quei nove mesi di scuola sarebbe stato sufficiente a dissetare la sua curiosità, a sfamare il suo bisogno di amore? L'anno dopo nuova scuola, nuovi colleghi, nuovi bambini, nuove gioie e nuovi dolori. Il nostro mondo precario in tutto non ha tempo per le formiche, le schiaccia. Niente continuità, nessun legame. Ora F. ha cambiato città e io ancora non ho trovato una risposta alla mia domanda. Ma non ci siamo dimenticati.
Marta