Mi manca qualcuno che mi chieda: "Oggi come va?"

Ho 16 anni, frequento ancora la seconda superiore, ho perso un anno. Nonostante mi sia impegnato come ho potuto, non ce l’ho fatta: troppe cose da studiare, troppe materie, troppe difficoltà, e nessun aiuto. Certo i miei risultati a scuola non sono dei migliori, ma non mi voglio arrendere, è l’unica cosa che mi interessa in questo periodo. Del resto la vita non è stata buona con me. I miei genitori si sono conosciuti quando erano ancora due ragazzi, si sono messi insieme e, dopo pochi mesi, sono nato io, ma non andavano molto d’accordo e, quando io avevo appena tre anni, si sono separati: mia mamma è tornata a vivere in campagna, perché ama la natura, così dice lei. Non posso fare a meno di pensare che forse la ama più di quanto ama me. Mio papà è tornato a vivere con i suoi genitori, io sono stato cresciuto dai nonni. Papà lavorava tutto il giorno, la sera suonava con un gruppo di suoi amici e a casa non c’era quasi mai. Da quando è andato a convivere con la sua nuova ragazza, lo vedo sempre meno.
Io sono rimasto a casa dei nonni perché la scuola media che frequentavo era vicino a casa loro, ma sono rimasto con loro anche quando ho cominciato a frequentare la scuola superiore dall’altra parte della città. La mamma la sento solo per telefono per il mio compleanno e per le feste. E, se mi lamento di non poter stare mai con lei, il papà mi dice" lasciala perdere quella che non voleva neanche farti nascere!". 

Era il nonno ad accompagnarmi a scuola, lui che veniva ai colloqui con le maestre. I miei compagni mi dicevano che avevo un papà molto vecchio, io rispondevo che quello era mio nonno e non il mio papà, ma loro non smettevano di prendermi in giro e a volte io mi difendevo picchiando. Allora le maestre mi mettevano in punizione senza neanche chiedermi cosa era successo e io mi ribellavo e dicevo che non era giusto che punissero solo me. In terza elementare è arrivato nella mia classe un ragazzo che era stato bocciato, siamo diventati amici e insieme ne abbiamo combinate di tutti i colori: disturbavamo durante le lezioni, correvamo nei corridoi, ci nascondevamo nelle altre classi. Un giorno con un accendino abbiamo dato fuoco ad un giubbotto che era appeso ad un attaccapanni in corridoio. Sono stato sospeso per tre giorni. Il nonno ha informato mio papà che mi ha sgridato e mi ha messo in punizione, ma, siccome lui non c’era mai, io facevo sempre quello che volevo. Ho fatto così per tutto il periodo delle elementari. All’esame di quinta sono stato promosso non per quello che avevo imparato, ma perché le maestre non mi volevano più tra i piedi.

Quando sono arrivato a scuola media, mi sono sentito già schedato: alcuni professori mi hanno subito minacciato dicendomi che con loro dovevo rigare dritto, che la pacchia era finita per me. L’insegnante di lettere era diversa, con lei abbiamo iniziato a parlare di noi, di quello che ci aspettavamo dalla scuola media, di quello che volevamo far sapere di noi ai nostri compagni, io ero a disagio non volevo parlare di me e ho cominciato a fare il buffone. Alla fine di quella lezione l’insegnante mi ha chiamato e mi ha chiesto perché mi ero comportato in quel modo. Io ho risposto che non avevo nulla da dire, che io i fatti miei non li dicevo a nessuno, neanche a lei. L’insegnante mi ha detto che dei fatti miei avrei potuto parlarne solo quando l’avessi voluto, ma che da un ragazzo come me si aspettava il rispetto per il suo lavoro e per il lavoro dei compagni. Da quel giorno non mi ha mai mollato e ogni volta che ero in difficoltà mi aiutava, se dovevo prepararmi per un’interrogazione lei era disposta a seguirmi, ma se non mi comportavo bene mi fermava ed erano lunghe discussioni. Non so come facesse ma ci teneva d’occhio tutti e se c’erano litigi tra di noi, lei interveniva a riportare la pace. Andare a scuola in quel periodo mi piaceva, anche perché a casa la situazione si era fatta più difficile. La nonna ha cominciato ad avere problemi di cuore e il nonno non ci stava più con la testa e io dovevo occuparmi di tutti e due.
Finita la scuola media mi sono iscritto in un istituto professionale e il primo anno me la sono cavata con qualche debito, mentre l’anno scorso sono stato bocciato. Da solo è difficile, sento tanto la mancanza della mia insegnante, lei mi accettava com’ero e con lei avevo cominciato a cambiare. Ora mi chiamano per nome solo per interrogarmi e per rimproverarmi. Mi manca qualcuno che alla mattina quando entro mi chieda: "Oggi come va?". Questo mi dava il coraggio di affrontare le difficoltà. Ora mi chiudo in me stesso ogni giorno che passa, solo la musica mi dà conforto. Mi metto le cuffie e vivo in un mondo tutto mio.