Il bullo alle elementari
Paolo ha finito da pochi giorni un incubo: le elementari.
Quando la mamma me lo racconta, sono tentata di non
crederle, ma le lacrime che le sgorgano
dagli occhi mi fanno sospendere il giudizio.
Inizia a raccontare col contagocce: sa che sono anch’io
un’insegnante elementare e ha paura. Sì, paura, d’essere giudicata ancora una
volta come buonista incompetente, incapace d’educare e dare regole a suo
figlio.
Inizia mostrandomi l’ultima nota
sul diario, arrivata a pochi giorni dalla fine della scuola: “Gentili genitori, è
opportuno che vostro figlio non partecipi all’ultimo giorno di scuola per
evitare spiacevoli inconvenienti come è accaduto tutto l’anno”.
Così, nelle pagine seguenti leggo: “Oggi Paolo si è sforzato
di mantenere un comportamento corretto, nonostante ciò durante l’intervallo ha
dato un pizzicotto alla compagna di banco … ”
La mamma non ha più il coraggio di leggere. Si sente una
madre fallita che ha cresciuto un mostro.
Mentre noi parliamo, mi giro a guardare Paolo che spinge la
carrozzina del cuginetto di nove mesi, appena battezzato. Si ferma di tanto in
tanto a controllare che il visino sia all’ombra, sposta l’ombrellino e lo
culla. Poi prosegue guardando dritto la stradina davanti a sé. Può essere questo un bullo? È vero che alcuni
bambini sono imprevedibili, ma un insegnante che li conosce bene, riesce sempre a prevedere e sostituire la mossa con qualche cos’altro di più
interessante da fare. Con i bambini è possibile. Se poi il bullo ha
il cuore tenero, è ancora più facile!
Allora, cos’è successo a Paolo? Anzi, cos’è successo nella
sua classe?
A me piace osservare la situazione da un punto di vista
sistemico, quel binocolo per guardare le cose che scelgono gli educatori che
lavorano nei contesti difficili: sappiamo tutti molto bene, infatti, come sia
il contesto a determinare i ruoli sociali che ognuno di noi indossa e
modificando le relazioni in un gruppo o giocando altre "maschere", si modifichi il
tutto.
Io l’ho imparato sperimentando il gioco di ruoli col Teatro dell’Oppresso,
approccio interessantissimo che, a mio avviso, dovrebbe far parte della
formazione obbligatoria dei docenti.
Nel contesto classe, Paolo diventa da subito, i primi giorni di
prima elementare, l’unico bambino che emula un compagnetto “sui generis” che
trascorre il tempo scolastico sotto il banco. Tutti seduti ed obbedienti
alla maestra, meno uno, Paolo, che sperimenta come sia bello guardare il mondo
dal pavimento. Dopo 3 mesi di scuola, Paolo viene spostato nell’altra classe
perché la maestra ha già un disagio da gestire e due sono proprio troppi. Ma
nell’altra classe il gruppo è già formato e Paolo viene presentato come “quello
che non ascolta, che fa cosa vuole”. Iniziano le sottolineature: Paolo qui,
Paolo là…e i ricatti: Se fai così allora…
E paolo indossa la maschera che gli viene offerta su un
piatto d’argento: essere diverso, disobbediente, provocatore, quello che va
sgridato!
Il resto è scritto nel più banale canovaccio teatrale: tutti
i compagni, le mamme dei compagni, le insegnanti indossano le relative maschere
per contrastare il bullo.
È così che la mamma di Paolo viene attaccata dalle sue
colleghe mamme: una volta deve ricomprare una tuta su cui Paolo avrebbe versato
un po’ di bianchetto; un’altra volta una biro, poi un quaderno, un libro…ce n’è
per tutti. La mamma si rivolge alle insegnanti per avere un conforto: è sempre
Paolo che combina i guai della classe? Ma le maestre non hanno visto, sono già
abbastanza scocciate dal suo comportamento durante le lezioni che di certo non
possono sorvegliarlo anche fuori. Piuttosto è lei che dovrebbe insegnargli l’educazione,
le regole, perché Paolo non sa cosa siano!
Guardo questa signora confusa mentre Paolo si avvicina col
sorriso stampato sul viso: il bimbo che ha cullato dorme profondamente. Ora può
andare a giocare e lo annuncia alla mamma. Davvero uno strano bullo, penso, e
sorrido a lei che ricaccia in gola il magone.
“Per fortuna finisce l’incubo, il prossimo anno sarà tutta
un’altra cosa”, le dico.
“Mi piacerebbe fosse così, ma Paolo mi ha detto che in
qualunque scuola andrà, comunque, lui non sarà come gli altri e non andrà mai
bene: gli altri imparano, lui no”
Ah, è vero: l’attore fatica a posare la maschera quando esce
di scena!
Bastava davvero poco per cambiare i ruoli, per dare un
incarico a questo bullo dal cuore dolce perché potesse riscattarsi agli occhi
di tutti. Bastava poco!
Mannaggia agli insegnanti che danno il via a drammi che non
sanno gestire e di cui, poi, non s’interessano più.