Nessuno dovrebbe mai sentirsi solo

Si fa un gran parlare di “bullismo”, di come combatterlo, di cosa fare. Ne parliamo come se “i bulli” appartenessero ad un altro pianeta, marziani che hanno invaso la terra e da cui dobbiamo liberarci. Li osserviamo a distanza come se fossero un fenomeno da studiare per poi scriverci qualche bel libro sopra o fare qualche convegno. Alla fine diventa un altro modo per guadagnare (perché i convegni costano e i relatori sono spesso molto ben pagati), quando alcuni piccoli gesti potrebbero fare la differenza.
Quando capita qualche episodio di prevaricazione in classe, bisognerebbe sempre parlarne in classe, abituare dal primo giorno i ragazzi a “dare risposte” a dire perché avevano detto o fatto qualcosa che aveva anche solo offeso un loro compagno. Bisogna abituarli a "guardarsi negli occhi", a fare i conti con quel "volto" dell'altro di cui parla tanto Levinas. Un lavoro attento e continuo che ha sempre dato risultati molto incoraggianti, che sono l'inizio di un'educazione civica praticata nella vita e non solo ridotta a vuote nozioni.
L’altro giorno una ragazza che ha ormai terminato la scuola media, ha parlato con una mia collega e ha denunciato che nella sua classe, in un liceo scientifico rinomato per essere “ben frequentato”, un suo compagno era oggetto di continue prese in giro di compagni e a volte di piccoli e grandi atti di aggressione. Le ha chiesto “cosa posso fare?”. La mia collega le ha consigliato di cercare tra i suoi insegnanti uno che fosse disponibile a parlarne, ad affrontare il problema.
Tre giorni dopo la risposta via mail della ragazza: “Cara professoressa, ho parlato con tutti i miei insegnanti, tutti, dico tutti, mi hanno detto che non avevano tempo di affrontare problemi che riguardavano i nostri rapporti, che dovevamo arrangiarci perché loro devono andare avanti col programma. Non mi scoraggio: l’unica cosa che posso, però, fare è stargli sempre vicino io”.
Mi chiedo chi siamo noi adulti per poter dire di "no" alla richiesta di una ragazza che chiede aiuto per un suo compagno in difficoltà? Mi chiedo come possiamo sentirci ancora "educatori"? E di che cosa è fatto questo tempo che non si deve perdere? Dove scappa? E che cosa è questo "programma" che scandisce la nostra tabella di marcia come fossimo soldatini che obbediscono tanto da non poter soccorrere nessuno, perchè bisogna andare "avanti". Avanti verso dove? Forse verso una società sempre più indifferente soprattutto verso i giovani di cui si parla tanto, ma con cui si parla pochissimo. Come dice la Vegetti Finzi: "Viviamo in quella che è stata definita la «società degli individui», una comunità dove non si è mai isolati ma sempre soli".
In una scuola democratica, nessuno dovrebbe mai sentirsi solo.