Lorenzo Jovanotti e Franco Bolelli sull'educazione


Lorenzo Jovanotti a Franco Bolelli
Franco bentornato!!!
Qui il nostro “stage” di opera con i bimbi va benissimo, ogni giorno passo un po’ di tempo con questi ottanta ragazzi e molte riflessioni mi abitano. La più ricorrente è sui sistemi di apprendimento ”ufficiali” e sui loro immensi limiti. La scuola andrebbe cambiata, ma non riformata, andrebbe proprio inventata nuovamente partendo da un concetto fondamentale che è quello della partecipazione alla propria formazione con un ruolo attivo. Questi ragazzi dentro a quel teatro, che hanno tutto per loro per quindici giorni, costruiscono se stessi attraverso l’abbondanza e l’offerta della propria abbondanza a quella degli altri. Nessuno è impaurito dall’offrire la propria visione, la propria energia, nessuno è giudicato, ognuno trova un suo linguaggio, un suo codice all'interno di una cosa rigida come una partitura e un testo in rima. Nella griglia fissa di uno spartito e di un testo, ognuno scopre la propria libertà e la applica in tempo reale. E’ davvero una bella cosa. Domenica si va in scena, poi lunedì vengo a Milano. Questa esperienza mi fa riflettere sulla questione dell’infanzia centrale nel nostro tempo. I bambini sono spesso considerati un “target” e questo mi fa inorridire.

Franco Bolelli a Lorenzo Jovanotti
Lorenzo,
Quando si è finita la scuola, si apprezzano tante cose che magari quando c’eri dentro non consideravi. La scuola ha troppe gabbie, troppi percorsi obbligati, troppi programmi che vanno seguiti secondo formule lineari: tutto questo non funziona più, il mondo non è fatto così. Ma ancora peggio è il concetto di educazione: ogni volta che sento qualcuno parlare della necessità di educazione per i bambini, mi viene per principio da diffidare.
Non perché educare sia sbagliato, naturalmente: sono il primo a saltare per aria quando sento sbagliare i congiuntivi, e mi piacciono i bimbi – per non parlare dei grandi – che hanno consapevolezza e la migliorano. Se l’idea di educazione mi suona come gesso sulla lavagna è perché immancabilmente chi la propugna sta parlando non di educazione in generale ma del proprio particolare, prescrittivo, ristretto, concetto di educazione.
Insomma, dell’educazione non mi piacciono gli educatori (eccezioni a parte).